Il prezzo atroce dei prodotti low cost

Riportiamo una riflessione tratta da Lettera43.it sull’edificio di nove piani crollato in Bangladesh. Tragedie come questa rendono ancor più necessario un uso “politico” del nostro denaro. Impegniamoci sempre più ad indirizzare i nostri acquisti verso aziende dove l’equità e la dignità delle persone sia il valore fondante.

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Il prezzo atroce dei prodotti low cost

La tragedia in Bangladesh insegna. Per il nostro ‘esborso minimo’ c’è chi paga con la vita.

di Fabiana Giacomotti

Le cose, gli oggetti – qualunque oggetto – hanno un costo. Un costo commisurato talvolta al loro valore reale, talvolta al valore che viene attribuito attraverso variabili “altre”, che lo rendono prezioso e desiderato in modo all’apparenza inspiegabile.

OCCHIO ALL’ESBORSO MINIMO.In molti casi, questi oggetti hanno un valore percepito che è superiore al loro costo reale, cioè a quanto è costato realizzarli, distribuirli, esporli su uno scaffale e, naturalmente, garantire a chi li produce un margine economico abbastanza interessante da indurlo a produrne sempre di più per la gioia di tanti che, con un esborso all’apparenza minimo, potranno concedersi una piccola gratificazione, un consumo “divertente”.
IL BANGLADESH CI INSEGNA. La tragedia del Bangladesh – il crollo della fabbrica lager in cui centinaia di donne e di ragazzini lavoravano su capi di griffe occidentali low cost – sta tutta in quell’aggettivo, in quel divertimento.
Noi ci divertiamo da morire a comprare robaccia da pochi soldi di cui non abbiamo alcun bisogno, che di solito ci sta malissimo essendo di scarsa qualità, tagliata male e cucita peggio, e che spesso butteremo via senza aver mai nemmeno indossato; e qualcuno ci muore davvero.
LA SOLITA VECCHIA STORIA. Succede da oltre un secolo, se vogliamo partire dalla tragedia della Triangle di New York, 25 marzo 1911, quando centinaia di operaie perirono nel rogo della fabbrica di indumenti in cui erano state chiuse a chiave dal padrone, da quasi 200 anni se vogliamo mettere nel computo gli sweatshop vittoriani raccontati anche da Dickens.

Se è sottocosto, per qualcuno il prezzo sarà elevatissimo

Il tessile è il primo passo, il primo step di ogni rivoluzione industriale, il primo motore di crescita di un Paese, questo è certo: ma 200 anni di consumo e di welfare, e di studi, e di possibilità di capire e di approfondire, avrebbero dovuto insegnare qualcosa almeno a noi, a noi che potremmo rinunciare a un altro paio di jeans e che invece troviamo divertente comprarli a 10 euro sentendoci furbissimi.

E invece abbiamo 30, 40 o 20 anni, siamo studenti impegnati o casalinghe annoiate, ma nessuno di noi sembra aver voglia di capire, di pensare, quando ci viene detto, prove alla mano, che se noi paghiamo qualcosa sottocosto, per qualcun altro quello stesso costo sarà stato elevatissimo.
LOW COST TALE SOLO PER NOI. Il low cost è tale solo per noi, vediamo di capirlo bene una volta per tutte e insistiamo per ottenere etichette trasparenti, che ci raccontino dove, e come, sono stati fabbricati quegli oggetti o quei capi che a noi costano così poco.
E facciamolo senza nasconderci ipocritamente dietro il pensiero che “senza il lavoro che offre l’Occidente, quei poveretti morirebbero di fame”.
Possiamo sperare e lottare per condizioni di lavoro migliori di 18 ore al giorno alla macchina da cucire per 30 dollari al mese anche per chi non conosciamo, si spera.
EVITIAMO DI COMPRARE COSE INUTILI. E possiamo farlo anche evitando di comprare un’altra T-shirt a 9 euro di cui non sapremo che fare, che si rovinerà al terzo lavaggio e che, essendo appunto di pessima qualità, non potrà neanche godere di una seconda vita, finendo invece per affollare le discariche in immensi cumuli putrescenti.
In anni di ricerche e di inchieste, chi si occupa di moda ha avuto modo di verificare che cosa succeda lungo questa filiera che danneggia così tanti (a partire dalle coltivazioni intensive di cotone) per così poco.
ORMAI TUTTI SONO “STRAVESTITI”. Una outsider in gambissima, Elizabeth L. Cline, vi ha dedicato tre anni scrivendoci poi un libro, un best seller non tradotto in italiano, ma che varrebbe la pena di leggere: OverdressedThe shockingly high cost of cheap fashion. Traduzione: Stravestiti. Il costo scioccante della moda a basso costo. C’è tutto, Bangladesh compreso. E non c’è altro da dire.

Domenica, 28 Aprile 2013

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