Conosciamo (un pò) di più farro monococco, senatore Cappelli e Graziella RA
Farro monococco, senatore Cappelli, Graziella RA … chi sono? Cosa significano questi nomi? Negli ordini aperti in questo mese sono presenti anche questi prodotti. Scopriamo qualche informazione in più.
FARRO MONOCOCCO
“Sia la farina mista (kamut, farro spelta, grano tenero) che la farina di farro monococco sono macinate a pietra e sono di tipo 2, cioè semintegrali . Noi le stiamo utilizzando per fare di tutto, dai dolci alla pasta all’uovo al pane. La farina di farro monococco è più “impegnativa” per fare il pane perchè ha poco glutine e lievita meno rispetto ad altre farine. Con dolci e crostate il risultato è eccellente e non ha confronti con altre farine. In cucina nella pasta all’uovo, tagliatelle e altro si caratterizza per una minore elasticità ma non ha eguali come gusto.”
Cenni storici
Il farro monococco (detto anche piccolo) è, se non il primo, uno dei primissimi cereali coltivati dall’uomo. La provenienza di questo cereale sembra essere la Mesopotamia, da cui, attraverso l’antico Egitto e il Mediterraneo, arrivò nella penisola italica. Molto coltivato nell’antichità, con tracce che risalgono al 7000 a. C., nell’epoca più recente perse via via importanza a favore del grano, soprattutto perché quest’ultimo è un grano “nudo”, mentre il farro in trebbiatura rimane rivestito di un involucro non commestibile, detto glume, e necessita pertanto, come il riso, di una ulteriore laboriosa lavorazione, detta decorticazione. Menzioni di questo cereale si trovano anche nella bibbia. Ezechiele lo usava come uno degli ingredienti del suo pane (Ezechiele 4-9). Era presente anche nella alimentazione e nella cultura greca ed egizia. Durante il periodo romano il farro fu il cereale più coltivato e diffuso, godendo di un grande prestigio, e i legionari romani ne portavano sempre delle scorte con sé nei loro movimenti da un territorio all’altro. costituendo la base nutrizionale per eccellenza del mondo romano. Per capirne la diffusione in Italia basti dire che il termine “far-ina” deriva dal far-ro. Anche durante il Medio Evo il farro conservò una notevole importanza, soprattutto per le aree interne e montane. Il declino inarrestabile incominciò con la scoperta delle Americhe e con il Rinascimento.
La riscoperta del farro non è semplicemente dovuta al rinnovato interesse per le vecchie tradizioni o il riavvicinamento ai cibi della cultura contadina, meno sofisticati e tutti indistintamente ritenuti più salutari, il benessere che si può ottenere da un costante consumo di farro è reale. Addentrandosi ancora di più nelle sue qualità si scopre che il farro è una ricca fonte di vitamine del gruppo A-B-C-E e sali minerali. Contiene fosforo, sodio, calcio, potassio e magnesio. Svolge azione ricostituente ed antianemica per la presenza di proteine, acidi grassi polinsaturi ed essenziali, ferro, manganese, rame e cobalto. La crusca e gli oli contenuti nel suo germe lo rendono un emolliente intestinale, antistipsi e rinfrescante. La sua caratteristica principale è comunque il suo potere antiossidante dovuto all’alto contenuto di selenio ed acido fitico che si oppongono alla eccessiva formazione dei radicali liberi che risultano i maggiori responsabili dell’invecchiamento e d’ogni forma di degenerazione cellulare. Gli agricoltori biologici lo stanno portando a nuova giovinezza per l’elevato valore nutrizionale ed organolettico e per le proprietà ipoallergeniche. Inoltre è molto interessante, in coltivazione biologica, per le proprietà agronomiche, in quanto si adatta a svariati tipi di terreno, è poco esigente in concimazione e molto più resistente alle malattie delle altre specie cerealicole. Inoltre, in epoca di inquinamento diffuso, quello che è un inconveniente, il rivestimento del chicco, si trasforma anche in un vantaggio in quanto il chicco è più difeso dall’inquinamento atmosferico.
E’ una varietà di grano duro, selezionata nei primi del ‘900 da uno scienziato italiano che pochi ricordano: Nazzareno Strampelli (a cui, tra le altre cose, è stato intitolato l’istituto di genetica e sperimentazione agraria di Lonigo) . La sua storia è bellissima, un uomo serio, tenace e testardo, capace di re-inventare gli studi sull’ereditarietà di Mendel, senza averli mai conosciuti (ne scoprì l’esistenza quasi vent’anni dopo la loro pubblicazione). Incrociò centinaia di tipi di grano per selezionare quelli più resistenti e produttivi, adatti ai nostri climi. Nel 1903, ottenne la cattedra “ambulante” di agraria: doveva girare per i campi ad aiutare i contadini. L’unico bene in dotazione della sua cattedra era: uno sgabello di legno. Continuò a selezionare e incrociare centinaia e centinaia di grani diversi, cominciando ad ottenere i primi successi. Partendo dal grano “Rieti”, lo incrociò con una varietà tunisina per migliorarne la resa e ottenne, finalmente la varietà “Senatore Cappelli”. Il nome è stato attribuito in onore di Raffaele Cappelli, senatore del Regno d’Italia, che negli ultimi anni dell’800, assieme al fratello Antonio, fu promotore della riforma agraria, che mirava all’introduzione delle cosiddette “razze elette”, cioè di varietà più produttive e dotate di maggiore adattabilità ai diversi territori.
Immagine di Nazzareno Strampelli. Altre informazioni su questo scienziato dimenticato a questo link.
GRAZIELLA RA
Dagli studi pare addirittura che abbia avuto origine alle pendici del Karacadag in Turchia e arrivato a noi alla fine degli anni ’70, scoperto durante una spedizione in Egitto. “Se un giorno qualcuno riuscisse a moltiplicare questo grano dategli il nome della mia bambina, tragicamente scomparsa: Graziella”, chiese allora lo stesso archeologo. L’azienda di Montebello (provincia di Pesaro-Urbino) c’è riuscita e non ha potuto esimersi dal chiamare il grano Graziella Ra.
Si tratta quindi di un grano duro dalle origini antiche, sopravvissuto in modo anonimo nel corso dei secoli. Sulla specie e il genere vi è concordanza di opinioni: appartiene al genere “Triticum” e alla specie “Turgidum”. La controversia verte sulla sottospecie, infatti c’è chi sostiene che appartenga alla sottospecie “Polonicum”, altri alla “Turanicum”, altri ancora al “Durum”. Di certo, si tratta di una popolazione di frumento duro. Dalle analisi condotte dal Dipartimento di biotecnologie alimentari dell’Università di Urbino, risulta essere particolarmente ricco di proteine, sali minerali (in particolare potassio, magnesio, fosforo e selenio) e vitamine (E, B6, B12, PP).
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Se conoscete o trovate altre informazioni interessanti su questi cereali postatele come commento, oppure speditele a gascaldogno@gmail.com.
stefano
Ottobre 17, 2012 - 9:11 pm
Belle e utili notizie dal sempre attivo Nicola nel mondo della vera e sana alimentazione.
E’ proprio vero che prima di scegliere bisognerebbe conoscere.
Ciao e grazie.
Stefano
luciano
Febbraio 22, 2017 - 11:08 pm
Avete da vendere farine monococco tipo 2. Io sono di Fano